Aggiornato il Settembre 17, 2009 da clickcinema.it
Uno dei migliori thriller-horror italiani degli anni 70 è questo esordio alla regia di Francesco Barilli.
Silvia (Mimsy Farmer) è una giovane donna con un incarico importante in un laboratorio di biochimica a Roma, la ragazza è traumatizzata sin dall’infanzia per la morte prematura della madre deceduta in circostanze poco chiare.
Una sera la ragazza, insieme al fidanzato, partecipa a una seduta spiritica organizzata da un conoscente della coppia, uno studioso senegalese esperto di magia nera africana, al termine della quale inizia per Silvia una discesa verso la pazzia e la sensazione di essere al centro di un’oscura macchinazione.
Gli accostamenti a titoli come "Repulsion" (1965) e "Rosemary’s baby" (1968) utilizzati per descrivere "Il profumo della signora in nero" non possono fare altro che deporre a favore di Francesco Barilli, un regista all’esordio capace di anticipare addirittura il maestro Roman Polanski de "L’inquilino del terzo piano" (1976) non solo per diverse situazioni simili ma anche per la tematica di fondo intorno a una società subdola che prima di colpire la vittima designata la corrode nello spirito.
La delusione che in molti hanno provato nel visionare il film deriva forse dal distacco attuato da Barilli verso gli standard imposti da Dario Argento ("L’uccello dalle piume di cristallo") in quel periodo, anche se la protagonista, la bella e bionda Mimsy Farmer, arriva proprio da uno dei primi film del Re del "Giallo", "4 mosche di velluto grigio" (1971), la pellicola è un horror d’atmosfera in cui sono previsti rari momenti di violenza , compare solo un delitto "argentiano" inferto con una mannaia da macellaio, mentre è il finale a determinare con i suoi picchi di ferocia inusuali l’entrata di "Il profumo della signora in nero" nel novero delle opere indimenticabili del cinema horror italiano.